Truffa su internet

Procura della Repubblica presso il Tribunale della Spezia
Atto di denunzia querela
…, nato a … il … e residente alla Spezia in via…, a fini di giustizia, espone:
lo scrivente, avendo intenzione di fare dono di un nuovo dispositivo cellulare alla madre ed al fratello e avendo deciso di acquistarli usati, iniziò a cercarli, anziché presso un negozio fisico, on line.
Trovò dunque due annunci per due I-phone 12 pro Max sulla pagina Marketplace di Facebook (apparentemente) venduti a prezzi concorrenziali e prese contatti quindi con i sedicenti venditori (cfr. screenshot chat acquisto su FB, prodd. 1, 2 e 3 all.).
Dopo diversi contatti telefonici e via chat costoro, (apparentemente il signor … e il signor …, cfr. copie carte di identità allegate), gli inviarono, per dimostrare la bontà delle loro intenzioni, proprio le foto dei loro documenti di identità (cfr. prodd. 4, 5, e 6 e 7 all.), ovvero le foto di due documenti che si presume siano delle persone che hanno interagito con lo scrivente.
Lo scrivente quindi inviò loro gli acconti per l’acquisto (cfr. prodd. 8 e 9 all.).
Ricevuti gli acconti, i sedicenti venditori inviarono via WhatsApp le foto dei documenti di invio (cfr. prodd. 10 e 11 all.), che avrebbero dovuto dimostrare la spedizione.
Non vedendo tuttavia arrivare i telefoni, chiamò e scrisse ai venditori, i quali inizialmente accamparono diverse scuse, poi bloccarono lo scrivente che quindi da allora non ha avuto più alcuna notizia, né ha, ovviamente, ricevuto alcunché.
Rivoltosi all’ufficio postale per aver notizie a proposito delle spedizioni, ha scoperto che quelli riprodotti erano sì documenti di invio, ma senza il timbro di spedizione e quindi in realtà di nessun valore e certo non attestanti un’avvenuta spedizione.
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Il signor … da una parte dunque (nel suo caso è opportuno richiamare l’attenzione sul fatto che vi è corrispondenza tra il nome sulla carta di identità ed il codice fiscale che compare sulla ricevuta di versamento dell’acconto) ha ricevuto il denaro dallo scrivente e poi però, dopo averlo rassicurato diverse volte sull’invio (le conversazioni sulle chat, che si produrranno integralmente a tempo debito, lo confermeranno) ed aver inviato l’apparente il documento di spedizione, ha bloccato lo scrivente facendo così perdere le sue tracce e ha però trattenuto il denaro.
Sul fatto che ci si trovi dianzi ad una truffa e non ad una semplice violazione contrattuale, ad un semplice inadempimento, lo testimonia il fatto che il … ha inviato un documento di spedizione solo compilato, ma non timbrato, così da convincere lo scrivente delle sue intenzioni, e poi soprattutto si è sottratto senza alcuna spiegazione.
Nessun tentativo di raggiungerlo telefonicamente ha infatti avuto esito, nemmeno quando si è provato dall’utenza fissa dell’avvocato Giusteschi Conti; dopo diversi tentativi si inseriva subito la segreteria telefonica e, non ostanti i messaggi lasciati, nessuno ha richiamato.
Nemmeno il signor …. ha inviato alcunché allo scrivente e con una condotta singolarmente molto simile, per non dire identica a quella del …, ha fatto perdere le sue tracce, non rispondendo più al telefono.
Circostanza singolare è che il sistema di segreteria telefonica è apparso lo stesso per entrambi i soggetti.
Non pare che possano esserci dubbi sul fatto che le condotte descritte in narrativa integrino gli artifizi e i raggiri necessari per integrare il reato previsto e punito dall’articolo 640 c.p. e siccome non pare che si possa negare che vi sia stato il danno a carico dello scrivente ed il vantaggio a favore degli agenti, avendo versato il primo ai secondi gli acconti visti, sono integrati tutti gli elementi per la configurazione del reato richiamato.
Posto che il fatto storico è stato ricostruito senza alcuna incertezza dalla parte offesa e pertanto si è data prova che i signori …e … misero in vendita i telefoni sul Marketplace di Facebook e si fecero accreditare le somme concordate e poi non consegnarono mai il bene pattuito, e posto che essi hanno altresì continuato le loro condotte fraudolente per diverso tempo anche dopo il tempo di avvenuto accredito, ripetendo che avevano avuto diversi problemi che avevano loro impedito di adempiere, si comprende immediatamente perché il principio di diritto sancito dalla Suprema Corte, per il quale il reato di truffa telematica quando i pagamenti sono fatti con sistemi revocabili (quali ad esempio i bonifici) si consuma dove l’imputato apprende definitivamente il frutto della truffa e non nel domicilio della parte offesa, non può trovare applicazione nel caso in esame.
I signori … e …, infatti, hanno continuato a perpetrare le loro condotte fraudolente anche dopo l’avvenuto accredito (irrevocabile) del denaro sulle loro carte, proprio col fine tipico della fattispecie di assicurarsi il vantaggio a danno della parte offesa, avendogli con altri artifizi e raggiri impedito di revocare il pagamento entro il periodo nel quale era possibile e necessario farlo.
Le condotte fraudolente quindi non si sono limitate a farsi accreditare la somma, ma anche a far sì che dette somme fossero non revocabili dalla parte offesa.
Sono state tese (anche) all’annullamento delle difese che la parte offesa avrebbe potuto approntare (feedback negativo sulla piattaforma e soprattutto revoca del pagamento), denotando una capacità criminosa elevata e un dolo molto intenso.
A giudizio di chi scrive, quindi, per tentare di ovviare alle difficoltà interpretative e conoscitive poste dalle inevitabili dislocazioni spazio-temporali dovute al mezzo informatico, alla rete, nelle truffe a distanza attraverso i mezzi informatici non rileva la localizzazione delle condotte (che in realtà si svolgono pressoché interamente in un “non luogo” fisico, appunto sulla rete) e ai fini della consumazione sempre rileva più il luogo dove avrebbe dovuto essere adempiuta l’obbligazione fraudolentemente promessa, ovvero dove si manifesta in modo evidente e immodificabile l’inadempimento fraudolento (mancata consegna, e.g.) e dove avviene la spoliazione (e quindi dove la vittima dispone il pagamento), più della materiale apprensione e quindi dell’arricchimento da parte dell’agente. Premesso dunque quanto sopra, lo scrivente
SI RIVOLGE
alla Signoria Vostra Illustrissima perché, svolte le indagini del caso, accerti se le condotte poste in atto dai signori … e …, integrino il reato previsto e punito dall’articolo 640 c.p., ovvero violino altra norma integrando altri reati che ritenesse sussistenti e per i quali lo scrivente sporge formale querela.
Ai sensi dell’art. 337, comma 1 c.p.p espressamente incarica al deposito della presente denuncia querela il suo difensore Avv. Nicola Giusteschi Conti
Ai sensi dell’art. 408 II comma c.p.p. chiede di essere informato in caso di richiesta di archiviazione e, ai sensi dell’art. 459 c.p.p., si oppone alla definizione del procedimento attraverso l’applicazione del decreto penale.
Dimette i documenti indicati nel testo.
Nomina proprio difensore l’Avv. Nicola Giusteschi Conti del Foro della Spezia, eleggendo domicilio nel suo studio alla Spezia, in via Aulo Persio, 3.
Con osservanza.
La Spezia, 4 novembre 2022

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